Correre non è per tutti

Correre non è per tutti

E’ assolutamente vero, correre non è per tutti, questo articolo non è farina del mio sacco, mi è stato inoltrato da un Collega con il quale ho collaborato per diversi anni ed al quale lo dedico a mia volta con la speranza che ne segua i principi sportivi e di vita per un futuro professionale pieno di soddisfazioni e di successi! L’articolo Originale lo trovate nel sito di Andrea Beggi
La risposta è dentro di te, ed è giusta!

Istruzioni per l’uso

Istruzioni per l’uso: quanto segue riguarda la corsa e la motivazione, ma la corsa è solo una metafora per descrivere un atteggiamento nei confronti della vita. Non posso darti io la chiave di questa metafora: trovarla dentro di te è esattamente il punto di tutto quanto scritto qui sotto. Se decidi di iniziare a correre fai una visita medica e un elettrocardiogramma).

All’inizio è facile farsi scoraggiare: alterni corsa a passo veloce e forse ti annoi un po’. Corri 5 o 10 minuti prima che il fiato ti abbandoni e le gambe diventino di legno; la vita sedentaria che hai fatto fino a oggi si fa sentire tutta, e senza sconti.

Se riesci a non mollare prima di due o tre uscite, ti rendi conto che è facile fare progressi; ogni volta riesci a correre un po’ più a lungo e un po’ più lontano; realizzi improvvisamente che non sei bloccato, ma riesci a migliorare e senti che sta accadendo qualcosa di diverso, qualcosa che che avevi dimenticato. Ti senti meglio, la corsa comincia a piacerti, arrivare alla fine sudato ma rilassato ti fa sentire vivo, riesci a godere del percorso e a guardarti attorno mentre corri. E’ questo il momento chiave: non si annulla la fatica –perché quella rimane–  ma capisci che è una fatica “buona”, che ti fa stare meglio, che ti rende una persona migliore, più concentrata, più tranquilla, più resistente. Con il tempo tutto questo si trasforma in una cosa per cui essere impaziente di uscire, perché diventi consapevole dei benefici che ne trai, sia nel momento in cui stai correndo, che in previsione dell’obbiettivo che ti sei prefissato.

E poi: correre è divertente. Basta guardare i bambini al parco per convincersi: guarda cosa fanno, guarda i loro volti. Corrono, e si divertono correndo; tu lo hai dimenticato crescendo, ma sei sempre in tempo per riprenderti un pezzo della tua infanzia.

E arriva il momento in cui ti senti chiedere perché lo fai. Quali motivazioni ti spingono, cosa ti spinge a correre per minuti, ore, chilometri, con il sole che brucia la pelle o al buio del mattino, sotto la pioggia battente o esposto al freddo pungente. E ti trovi a riflettere su di te, su cosa ti è successo, su cosa stavi cercando e su cosa hai trovato.

Ma facciamo un passo indietro: qui sembro dare per scontato che la transizione da “cheppalle” a “cheffigata” sia automatica e senza ulteriore impegno che non sia quello della corsa. In realtà non è così. E’ difficile.

Certo che è difficile. E’ proprio quello il punto: se fosse facile lo farebbero tutti. La difficoltà è la sua grandezza, ma tu ce la puoi fare.

Non tutti nascono con una determinazione d’acciaio e una volontà granitica, e ci sono alcune contromisure che ti possono aiutare a superare gli ostacoli; il segreto sono i piccoli passi e la moltiplicazione degli obiettivi.

La lotta contro di sé è la base di qualunque attività che richieda un impegno e una motivazione. Non è semplice, e puoi farti aiutare da alcuni accorgimenti; la prima cosa da fare è eliminare le scuse e prevenire per quanto possibile le avversità che ostacolano le tue uscite. Uno degli scogli più grossi da superare, specie all’inizio, è trovare la forza di cominciare, di metterti le scarpe e andare. Ci sono un milione di motivi che in questo momento ti sembrano validissimi per rimanere a casa e rimandare a domani; non c’è neppure bisogno che io te li elenchi, sai benissimo di cosa sto parlando. Eppure.

Non rimpiangerai mai di essere uscito e averlo fatto, ma rimpiangerai sempre di essere rimasto a casa.

Credimi, ogni volta che avrai finito, e sarai tornato, penserai: “Sono contento, sto meglio. Oggi ho fatto qualcosa di buono per me stesso”. Il resto è una questione di abitudine: più una cosa diventa routinaria, più è facile e leggera da fare. Una cosa che ti può aiutare è darti delle abitudini, una routine, un calendario, una serie di gesti e di comportamenti finalizzati alla prima vera sfida: metterti le scarpe e uscire di casa.

Quando sei all’inizio, e magari ti pesa di più, devi renderti la vita facile eliminando le scuse e le distrazioni: per esempio puoi preparare prima tutto ciò che ti serve, in modo da non dover perdere tempo e energie mentali a trovare le cose di cui hai bisogno per correre. E non mi dire “non ho tempo”, perché non è vero. Odiami pure, ma se guardi onestamente dentro te stesso, sai che il tempo lo puoi sempre trovare. Certo, dovrai rinunciare a qualcosa: il divano, l’aperitivo con gli amici, qualche ora di sonno, la televisione, ma tutto il tempo che deciderai di investire ti verrà restituito con gli interessi e ti renderà una persona migliore. E’ tempo di qualità che decidi di dedicare a te stesso.

“Non ho tempo.” è la versione per adulti di: “Il cane mi ha mangiato i compiti.”

Ho accennato poco fa alla moltiplicazione degli obiettivi: è una tecnica scalabile e la puoi usare per il lungo periodo o per l’immediato.

Devi procedere per piccoli passi, avere obiettivi chiari e quantificabili, non farti scoraggiare dalle avversità, cercare il lato positivo delle situazioni difficili e non mollare mai.

Sembrano cose difficili, ma sono più semplici di quanto appaiano. E’ facile farsi scoraggiare dalla “big picture”: Non devi pensare che tra 6 mesi vuoi correre per mezz’ora senza fermarti, o fare 10 chilometri, o partecipare a una gara: in questo momento ti sembra impossibile perché è il tuo io di oggi che lo pensa; concentrati piuttosto sull’uscita che stai per fare, che è alla tua portata, fa parte di un progetto, e ti porterà un po’ più vicino al tuo obiettivo. Tra sei mesi avrai seguito il tuo piano e affronterai la prova con una sicurezza e un’efficacia che oggi ti sembrano impossibili. Avrai più fiducia in te stesso, perché hai lavorato ogni istante degli ultimi mesi per uno scopo preciso, e sapere che sei uscito vittorioso da ogni singola sfida quotidiana ti caricherà nel modo migliore per raggiungere il tuo traguardo. Devi avere fiducia nel tuo piano, che deve consistere di step intermedi facilmente misurabili e raggiungibili. La routine e l’abitudine di ogni giorno sono importantissimi perché ti aiutano a rimanere rilassato e concentrato verso il tuo obiettivo finale, e scacciano i pensieri negativi. Ogni piccolo passo ti avvicina alla meta, e vale sia in grande che in piccolo; se ti senti scoraggiato e senza energie, pensare che devi raggiungere il prossimo albero è più facile che pensare alla strada che ti separa alla fine. Avere un piano ti permette di concentrarti solo sul contingente, su quello che accade adesso senza doverti preoccupare di altro. Dimentica quello che vorresti fare tra un mese, in questo momento pensa solo a finire la strada che ti eri prefissato di fare oggi. E se anche questa ti sembra troppa, pensa solo al prossimo chilometro, alla prossima svolta, al prossimo passo.

Non servono traguardi epocali o straordinari, non devi per forza fare una gara (sebbene sia molto divertente), e non devi competere con nessuno. Il tuo obiettivo può essere qualsiasi cosa: perdere peso, star meglio, rilassarti. L’importante è che sia quantificabile e che sia identificabile il momento in cui lo raggiungerai.

E improvvisamente realizzerai che, oltre al tuo fisico, anche la tua mente è cambiata: è allenata, vede le cose in modo diverso e non pensa più come sei mesi fa, perché finalmente si è resa conto di quello che tu sei in grado di fare. Prima eri sfiduciato, perché avevi paura.

Adesso la paura è sparita, sostituita dalla fiducia, perché il sudore che hai versato era la paura che abbandonava il tuo corpo.

La “bottom line” è che nella maggioranza dei casi la mente ti abbandona molto prima delle gambe, solo che non te ne rendi conto. Non saprai mai quante risorse hai ancora da spendere finché non sconfiggi la mente che cerca di fermarti.

Capirai che molti dei limiti che hai pensato di avere per tutta la vita erano solo nella tua testa; sorprenderai te stesso riuscendo a tirare fuori quegli ultimi metri quando pensavi di aver dato tutto, e subito dopo ne farai altri. Non importa come ci arrivi, l’importante è arrivarci, l’importante è avere la meglio su quella vocina che hai nella testa che ti vuole convincere che non puoi farcela, che sei alla fine, che puoi smettere, che *devi* smettere.

Ma come si allena la mente? Come puoi convincerla che non devi mollare? Che non stai morendo ma, piuttosto, sei vivo come non mai?

Se per tutta la vita sei stato abituato a evitare il disagio fisico e a vedere la fatica come una cosa da evitare e da eliminare prima possibile, la tua mente è condizionata da questo e ai primi segni di disagio cerca subito lo shutdown, inviando al tuo corpo dei segnali di emergenza per farti rientrane nella tua “comfort zone”: “Fermati! Stai faticando! Sprechi energie!”.

Correre non è per tutti

Ti devi abituare a considerare il disagio come passeggero: acquisisci la consapevolezza che non durerà. Sapere che finirà ti rende capace di sopportare quasi qualunque cosa. Lance Armstrong, malgrado non sia un fulgido esempio di sportività, ha detto una frase che sintetizza bene questo concetto:

“Pain is temporary, quitting lasts forever.”

“La sofferenza è solo temporanea, mentre la rinuncia ti accompagnerà per tutta la tua vita.” Devi accogliere le difficoltà perché ogni volta che esci dalla tua “comfort zone”, e riesci a portare a termine qualcosa, crescono l’autostima e la confidenza nelle tue possibilità. Identificare le tue debolezze, circoscriverle e riuscire a migliorarti è una spinta fortissima. E prova a cambiare la tua prospettiva: associa il fatto che il disagio che stai sperimentando è il segno che ti stai impegnando e l’impegno porta sempre dei risultati.

Esiste un effetto chiamato “teleoanticipation” (mi è ignota la traduzione italiana) che si manifesta nella corteccia motoria del cervello, che tende ad “aggiustare” il ritmo della corsa sulla base della distanza che si deve ancora percorrere rapportata alle ultime esperienze di allenamento, in modo da poter sostenere lo sforzo fino alla fine. La buona notizia è che più esperienze accumuli, più il tuo cervello è in grado di calcolare efficacemente il ritmo, portando a una prestazione più omogenea, equilibrata, e meno onerosa per il tuo fisico e la tua psiche. Questo fenomeno spiega anche perché è più semplice spingere a fondo durante le fasi finali: per il tuo cervello è più facile calcolare un ritmo sostenibile se sa che lo sforzo sta per finire e la strada è ormai poca.

All’ultimo chilometro, quando le tue gambe non ce la fanno più e i polmoni ti bruciano, arrabbiati. Arrabbiati per essere stanco. E corri più veloce.

Devi allenare la tua mente esattamente come il tuo corpo; con il procedere delle uscite la tua soglia lattacida, che divide uno sforzo aerobico da uno anaerobico, si alza sempre di più. (Semplificando molto: uno sforzo aerobico può essere sostenuto per lungo tempo, mentre uno anaerobico stanca molto più in fretta). Allo stesso modo la tua mente capisce cosa vuol dire avvicinarsi al tuo limite e continuare ad andare avanti nonostante questo.  E’ un processo sia fisico che psicologico; il tuo corpo si adatta grazie all’allenamento, mentre la tua mente impara a gestire il disagio e sviluppa la consapevolezza che puoi resistere fino alla fine.

Correre non è per tutti

Non sei veramente esausto e finito: puoi andare avanti, solo che nessuno te lo ha mai detto e te lo devi dire da solo. Nessuno può fare questa cosa per te, sei solo davanti all’ostacolo e per questo superarlo ti darà ancora più soddisfazione. Correre è una cosa che facciamo per noi e solo noi la possiamo fare.

Una cosa che sembrerebbe stupida, ma aiuta, sono i Mantra. “Mantra” è una parola in sanscrito formata dal verbo man, che significa “pensare”, unita a tra, che significa “che agisce”,”che compie”,”che protegge”. Un pensiero che agisce e/o ha influenza sulle azioni (*). Sono frasi che ti danno la carica, citazioni significative, singole parole. Ripeterle a sé stessi infonde forza e positività e aiuta a ritrovare la carica. Io ne ho alcune, ed elenco quelle di cui mi vergogno meno: “Runners don’t quit” – “Manca 1 Km e chiunque può correre per 1 Km.” – “I’m a runner: that’s what we do.” – “La sofferenza è solo temporanea, rinunciare dura per tutta la vita” – “Non penserai di mollare ora?” – “Runners don’t quit!”.

Con il tempo troverai le tue: usale e abusane, funzionano.

(*) I ❤ Wikipedia

Una cosa che ti può aiutare moltissimo è condividere la tua nuova passione con altre persone. Correre in compagnia è ancora più divertente e allevia la fatica: farai molta strada senza neppure rendertene conto. E correre parlando ti aiuta a regolare l’andatura in modo corretto per non sforzare troppo o affaticarti senza motivo. Alzarsi la mattina diventa più semplice se sai che qualcuno ti aspetta, è bello fare progressi insieme, ed è più facile sostenersi nei momenti di stanchezza che inevitabilmente incontrerai. Anche i social network possono darti un aiuto inaspettato; puoi condividere le tue uscite su Facebook o Twitter, intervenire nei gruppi dedicati o nei forum, confrontarti e sostenerti con amici lontani: tutte azioni che aumentano la tua soddisfazione e la tua voglia di correre.

Correre non è per tutti

Ma perché dovresti cercare il disagio, la fatica? Perché devi imbarcarti in un’attività che ti costa tempo e sacrificio? Ti potrei dire che è solo un male necessario, che è una parte fondamentale del processo, una delle ragioni per cui esci. Perché vuoi sentire i polmoni che lavorano e le gambe che bruciano un po’, perché tutto concorre a farti sentire più vivo e a migliorare la qualità della tua vita. Ti costringe a guardarti nello specchio e a chiederti: “Chi sono io? Ho la costanza e la tenacia necessaria per farcela? Posso costruire qualcosa solo con le mie forze, senza aiuti esterni?” Gli obiettivi da perseguire tramite i sacrifici e l’impegno, una volta raggiunti, rappresentano dei riti di passaggio che porterai con te per tutta la vita, come una medaglia ottenuta per la tua determinazione e la tua forza.

Per chi corre come corriamo noi, l’agonismo non è importante; c’è un solo avversario: te stesso. E’ la tua controparte pigra, rinunciataria, che non ha fiducia, quella che ti fa girare dall’altra parte al mattino o ti convince a rimanere a casa dopo una giornata di lavoro. E’ una lotta durissima, è un nemico implacabile perché conosce ogni tua debolezza; usa tutti i trucchi più sporchi e non ha nessun riguardo, sfruttando ogni occasione per farti lo sgambetto. Ma ogni volta che riesci a vincere tu la soddisfazione è tantissima. Hai presente le vignette di Paperino con l’angioletto e il diavoletto sulle spalle? E’ la stessa cosa. Alla fine sarai tu quello spietato, implacabile e determinato; con il tempo fiaccherai il tuo diavoletto, che ormai si limita a protestare debolmente (salvo tentare di pugnalarti alle spalle nei momenti più critici, lo stronzo).

Vincere non significa finire al primo posto. Non significa battere gli altri. Vincere significa superare noi stessi. Superare il nostro corpo, i nostri limiti e le nostre paure. Vincere significa sorpassare noi stessi e trasformare i nostri sogni in realtà.

(Kílian Jornet)

Quei dolori che senti, i muscoli delle gambe che bruciano, i polpacci che tirano minacciando crampi, sono molto meno importanti di quello che credi: dopotutto non ti stanno impedendo di correre! E allora concentrati su di essi, non li scacciare ma piuttosto accoglili, identificali, circoscrivili e riducili alla loro reale importanza, che spesso è molto minore di quanto il tuo diavoletto voglia convincerti.(*). Ne “Lo Zen e l’arte della corsa” di Larry Shapiro, un maratoneta e professore di filosofia, ho trovato ispirazione e alcuni buoni consigli al riguardo. Inoltre è un libro che ti consiglio se sei interessato alla corsa come esperienza interiore e alle sue relazioni con la meditazione.

(*) Attenzione! Non ti sto dicendo di correre malgrado tu senta qualcosa che non va: il dolore può essere un sintomo di qualcosa da considerare. Spesso non è nulla se continuando a correre sparisce. Se il dolore aumenta e non ti abbandona, controllati meglio.

Rifletti: non c’entra il talento, la genetica, l’età, la predisposizione. Tutti i fattori esterni che non puoi controllare non hanno peso. Migliorarti ogni giorno, trovare le risorse dentro di te, coltivare la tua determinazione: sono cose che puoi fare in ogni istante della tua vita traendone soddisfazione ed equilibrio.

E’ molto importante avere sempre ben presente il perché. Perché hai deciso di fare qualcosa che richiede fatica, sforzo, impegno e tempo. Mantenere la motivazione è difficile, ma non impossibile. In mancanza di uno stimolo efficace è più probabile che tu smetta dopo poco di perseguire un fine e di continuare un’attività.

La psicologia ci dice che esistono due tipi di motivazione: intrinseca ed estrinseca. La motivazione intrinseca (o “interna”) si sperimenta quando ci “si impegna in un’attività perché la (si) trova stimolante e gratificante di per sé, e (si) prova soddisfazione nel sentirsi sempre più competente”, mentre quella estrinseca (o “esterna”) è quando ci “si impegna in un’attività per scopi che sono estrinseci all’attività stessa, quali, ad esempio, ricevere lodi, riconoscimenti, buoni voti o per evitare situazioni spiacevoli, quali un castigo o una brutta figura.”. Questo secondo tipo è meno efficace, quindi è importante che tu trovi la tua *vera* motivazione, quella che ti arriva da dentro è che è parte di te, quella che non si esaurirà tanto facilmente.

L’ideale è un giusto mix tra interno ed esterno: per esempio la soddisfazione di correre in un posto particolarmente bello unita alla consapevolezza che l’attività fisica ti fa dimagrire. Ma nel momento in cui la motivazione esterna prendesse il sopravvento (“corro solo per dimagrire”), ecco che tutto il processo sarebbe molto più faticoso e difficile.

C’è un bel libro che collega la motivazione alla corsa e che illustra proprio questi concetti: “Perseverare è umano” di Pietro Trabucchi. Parla di corsa ma anche di aspetti più generali legati al mantenimento della forza necessaria a raggiungere gli obbiettivi della vita.

Ecco un decalogo che sintetizza bene i concetti che ho cercato di trasmetterti:

  1. Aspettati un viaggio, e una battaglia;
  2. concentrati sul presente e poniti degli obiettivi a breve termine;
  3. non soffermarti sugli aspetti negativi;
  4. supera il tuo fisico;
  5. accetta quello che accade;
  6. abbi fiducia nelle tue possibilità di successo;
  7. renditi conto che c’è sempre una fine;
  8. la sofferenza è normale, e va bene;
  9. trattati bene;
  10. rinunciare non esiste.

Devi trovare le tue ragioni cercando dentro di te. Ti accorgerai che la corsa è una palestra per affrontare la vita.

La corsa ci insegna a continuare ad andare avanti, un passo alla volta, specialmente nei momenti più difficili.

Scoprirai presto che questo approccio funziona con molte cose della vita: nei momenti più faticosi è più semplice procedere con calma un passo alla volta senza farsi scoraggiare. Ogni piccolo progresso ti fa stare meglio e ti porta più vicino alla soluzione del tuo problema, mentre la tenacia, che hai allenato correndo, si rivela un prezioso strumento che puoi sfruttare in molti frangenti.

Puoi cercare la tua motivazione, puoi farti aiutare dagli altri, puoi cercare modi diversi per darti la carica, ma alla fine sei solo con le tue scarpe davanti alla strada, e nessuno può correre al tuo posto. E’ come la vita: puoi ricevere aiuto e conforto ma alla fine sei tu che la devi vivere, e nessuno può vivere al posto tuo. Avrai momenti belli e momenti brutti: ci sono ed è normale incontrarli; la cosa migliore che puoi fare è godere delle cose positive e imparare come fortificarti per affrontare le avversità che inevitabilmente incontrerai.

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